È stalking tempestare la ex di messaggi.

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Con la sentenza n. 27453 del 10 luglio 2024 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a un anno e due mesi di reclusione nei confronti un uomo che aveva inviato alla sua ex compagna 100 messaggi via whatsapp in poche ore.

 

La Cassazione ha evidenziato come «l'insistenza dei messaggi, (anche 100 in poche ore), la mancanza di rispetto della volontà della donna, la ripetitività della richiesta di riprendere la relazione, nonostante l'espresso manifesto reiterato rifiuto avevano portato la persona offesa, anche in considerazione della manifesta volontà dell'imputato di controllarla fisicamente, presentandosi anche nel suo luogo di lavoro, a uno stato di angoscia e prostrazione, riferito dalla stessa persona offesa e al mutamento dei comportamenti e, financo, a disturbi del sonno”.

 

È stato dunque accertato il reato di stalking, che si configura ogniqualvolta vi sia la reiterazione di condotte persecutorie, che siano idonee a cagionare nella vittima un “perdurante e grave stato di ansia o di paura”. Si deve determinare un “fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”, ovvero a costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.


Il reato può essere posto in essere attraverso diversi comportamenti, tra i quali rientrano anche incessanti e ripetitivi messaggi tramite WhatsApp, chat simili o anche piattaforme social.


Nel procedimento penale grava sulla persona offesa l’onere di dare prova dei comportamenti integranti la fattispecie; in tale ipotesi sarà sufficiente riportare il contenuto dei messaggi, anche tramite screenshot, per ottenere la condanna dell’imputato.

 

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